Misurare l’intelligenza

di Carl Pacifico (Maryland, USA). Articolo comparso sul numero 363 del Mensa International Journal di Gennaio/Febbraio 1993.

Apparentemente le nostre creature ancestrali non avevano bisogno di misure perchè il cervello non ha mai sviluppato l’abilità di misurare alcunché direttamente. Comunque quando due o più oggetti sono percepiti simultaneamente, la mente può determinare che uno è più lungo, più rotondo, più luminoso, etc. di un altro. Queste comparazioni sono state convertite in una procedura per le misure.

È molto più difficile di come può sembrare misurare correttamente per mezzo di comparazioni. Il sistema per questa relazione consiste di:

  • Oggetto della misura
  • Oggetto con il quale viene comparato (cioè “il campione”)
  • Mezzi con i quali viene effettuata la comparazione
  • Osservatore
  • Tutti gli altri fattori, identificati e non, che fanno parte del sistema

L’oggetto della misura deve essere identificato completamente e correttamente. Altrimenti, alcuni elementi non considerati possono avere effetto sulla comparazione, così come una traccia di impurità in una medicina.

Il campione usato deve essere identico all’oggetto in tutto tranne che la sola proprietà che stiamo misurando. Per esempio se viene fatta una misura di barre di metalli diversi, il risultato sarà differente a temperature diverse.

La comparazione è fatta dalla percezione simultanea dell’oggetto e del campione tramite i sensi di una persona. Anche quando vengono usati dei dispositivi meccanici per aiutarsi in questo compito, le impressioni sensoriali dirette di una persona sono sempre coinvolte in qualche parte del processo percettivo.

La persona che esegue la comparazione deve essere oggettiva. Una comparazione è priva di significato se un osservatore stabilisce che il campione è più lungo dell’oggetto misurato quando invece un altro osservatore pensa che sia più corto.

Idealmente non ci sono altri fattori nel sistema che interferirebbero con la comparazione diretta. Questo è spesso ciò che accade, cosicché tutti questi fattori devono essere identificati e mantenuti costanti durante la comparazione. Anche così, la misura viene considerata corretta sotto quelle precise condizioni e non sotto delle altre. Qualsiasi fattore del sistema che non sia identificato rende la misurazione priva di significato. Sebbene il loro effetto sia presumibilmente annullato usando dei “controlli”, la misura è valida solo sotto quelle condizioni – e noi non sappiamo quali esse siano!

Quando questa procedura è seguita correttamente, otteniamo una misurazione valida. Comunque c’è un’altra insidia da evitare. Noi misuriamo il solo elemento ad essere comparato e niente altro. Il risultato non può essere “spostato” su nessun’altra proprietà dell’elemento. Possiamo misurare il fatto che una persona abbia più denaro di un’altra, ma tale misurazione non rende quella persona “migliore” dell’altra. Se esiste una relazione tra l’elemento che viene comparato e qualche altro elemento, dovrà essere stabilita in modo differente.

Queste condizioni possono essere soddisfatte per la misura della maggior parte delle proprietà fisiche degli oggetti. Per misurare la lunghezza di una barra metallica, possiamo assegnare una arbitraria unità ad una identica barra, stenderle affianco, ed usare la percezione visiva per scoprire che la barra che si sta misurando è X volte il campione. Altre unità possono essere stabilite per il peso, la luminosità, la densità, etc. L’oggetto viene dunque misurato in confronto a queste per comparazione diretta. Queste unità arbitrarie possono anche essere combinate per misurare alcuni elementi fisici non tangibili come la velocità, l’accelerazione e la conducibilità.

Ma come possiamo misurare elementi non fisici ed intangibili come il comportamento, il rendimento a lavoro, e l’intelligenza? L’estrema difficoltà ad identificare correttamente l’elemento sarà messa da parte per focalizzare l’attenzione sul “campione” usato. L’intelligenza è qui definita come la capacità di selezionare le risposte agli stimoli che favoriscono la sopravvivenza.

Il campione attualmente usato per misurare l’intelligenza è il rendimento ottenuto nella risoluzione di una serie di problemi. L’unità di misura è il risultato di ciascun problema assegnato. Le risposte corrette a questi problemi sono poste vicino a quelle della persona “da misurare” e le differenze registrate per impressione sensoriale diretta. Superficialmente, questo campione ricorda un regolo fisico. Inoltre, se il test viene somministrato alla stessa persona in tempi differenti, i risultati sono simili, così si sta misurando concretamente qualcosa.

Ma cosa si sta misurando? Siccome il nostro sistema di misura richiede che l’elemento da misurare sia comparato con se stesso, questa procedura misura l’abilità nel rispondere ad un insieme di problemi. Se esiste una relazione tra questa misura ed il rendimento nella risoluzione di qualche altro insieme di problemi, dovrà essere stabilita in qualche altro modo. Cioè, la performance in questi test si potrebbe correlare bene con il rendimento in un laboratorio di ricerca e male con la capacità di sopravvivenza in un ambiente selvaggio dell’Australia od in un ambiente urbano americano.

Ma allora, se avete partecipato ad un certo numero di riunioni sociali del Mensa, sarete probabilmente convinti che i test di intelligenza non misurano correttamente l’intelligenza.

 

(Traduzione a cura di Adriano Altorio)